Una fortunata successione di eventi ha consentito a quattro località del comune di Fagagna di raccogliere un patrimonio organario unico, che vede qui rappresentati i più importanti esponenti delle scuole veneta (Nachini, Dacci, Callido) e friulana (Comelli, Zanin). Lo studio di questi strumenti permette di osservare il percorso secolare da maestro ad allievo, iniziato dal caposcuola don Pietro Nachini e giunto fino ai nostri giorni con gli attuali rappresentanti della ditta Zanin, diretti discendenti della tradizione classica veneziana. Un’altra singolarità degli organi fagagnesi sta nel fatto che due di essi sono opere prime (di Francesco Comelli e di Valentino Zanin), concepite dopo lunghi anni di studio e di ricerca della perfezione.
In seguito ai danni causati alle chiese dagli eventi sismici del 1976, le comunità parrocchiali, con il sostegno delle amministrazioni pubbliche e l’aiuto di privati, si sono impegnate per recuperare gli organi esistenti nell’ambito comunale e per riportare alcuni degli strumenti, che nel tempo avevano subito delle manomissioni, alle loro fisionomie originali. I complessi lavori di restauro sono stati affidati alle esperte mani di Franz Zanin, che due anni fa ha comple tato l’opera di recupero. Ora Fagagna conserva cinque organi storici in piena efficienza, conosciuti anche al di fuori dei confini locali grazie a numerose registrazioni discografiche realizzate da famosi concertisti italiani e stranieri, e che ben si prestano, oltre all’ordinaria funzione liturgica, a concerti e attività didattiche di perfezionamento.
Fagagna: pieve di S. Maria Assunta
Le più antiche notizie sulla presenza di organisti a Fagagna risalgono alla prima metà del Cinquecento: è lecito supporre che solo in quest’e poca l’antica chiesa situata sul colle sia stata dotata di un organo, che probabilmente aveva piccole dimensioni, era trasportabile e poteva essere utilizzato anche nella altre chiesette del paese. Del primo organista rimane solamente il nome, Zuan Battista, che sappiamo essere pagato nel 1540; il 5 agosto 1558 la comunità conduce frate Giulio «organistam ad inserviendum in ecclesia magna et aliis ecclesiis in celebrando missam cantando et pulsando organos». Due anni dopo giunge a Fagagna l’organista fra Vincenzo Grasso, che qui si ferma un solo anno e che in seguito nella vicina S. Daniele subisce le attenzioni dell’inquisizione; a Fagagna fra Vincenzo aveva un allievo che si chiamava Giovanni Maria da Gradisca, al quale insegnava a suonare «l’arpicordo» (spinetta).
Dopo questi primi anni di attività musicale, sorse nei fagagnesi il desiderio di possedere uno strumento di maggiori dimensioni e il 13 aprile 1569 la comunità stipulò con il fiammingo Lodovico Arnoldo «magistro experto ad faciendum organa» un contratto per la costruzione di un nuovo grande organo, da portare a compimento entro la primavera dell’anno seguente. Sappiamo che lo strumento aveva otto registri, quattro mantici e che le canne di facciata erano disposte su cinque campate, con la canna maggiore di 10 piedi. L’organo era fornito anche di «portelle»: in proposito non sono stati ritrovati pagamenti che riguardano decorazioni pittoriche, ma non può passare inosservata la presenza a Fagagna sempre nel 1570 del pittore e architetto udinese Francesco Floreani, impegnato nella costruzione di un mulino.
L’organo piccolo nella pieve risultava ormai superfluo e fu trasferito definitivamente in S. Giacomo, dove ha svolto per lungo tempo le sue funzioni. Il nuovo organo dell’Arnoldo richiedeva un valido esecutore e proprio in quel periodo va registrata la presenza a Fagagna di un noto musicista: il 15 agosto 1572 la comunità conduce in organista, per la durata di un anno, Giovanni Battista Galeno «de burgo Aquileiae Utini», già in servizio alla corte di Carlo II a Graz e all’epoca rientrato in patria per impiegarsi quale cantore all’Ospedale di S. Maria della Misericordia in Udine. Un altro famoso musicista, Giorgio Mainerio, nel 1578 è nominato dalla comunità e dal Capitolo di Cividale vicario di Fagagna, ma rinuncia per non abbandonare Aquileia dove era mansionario. Al 4 ottobre 1575 risale la condotta di pre Francesco Corvino, in luogo del precedente organista pre Silvio Spica da Gemona; nel 1580 pre Corvino diventa vicario parrocchiale e al suo posto viene richiamato lo Spica. Tra il 1582 e il 1670 s’incontrano tre organisti con lo stesso cognome Pecile, di evidente origine locale: il primo è pre Domenico, seguito da pre Gioseffo e infine da un altro pre Domenico. Nel 1671 inizia il lungo servizio di don Francesco Nigris, mansionario di Aquileia, incarico che termina con la sua morte avvenuta il 18 settembre 1719. Per consuetudine a Fagagna esistevano due cappellani (eletti inizialmente per la durata di tre anni, in seguito passati a otto), uno organista e l’altro corista, i quali accompagnavano con il suono e il canto le funzioni liturgiche che si svolgevano nella pieve e nella chiesa succursale di S. Giacomo. Questa situazione rimase in essere fino al 1823, quando i due incarichi vennero unificati in un unico cappellano.
Quanto all’organo, nel corso del XVII secolo si susseguono alcuni interventi di restauro: nel 1626 i lavori sono condotti da Donato Fiorini, nel 1641 dal «reverendo padre Cavalli», che lavora per quattro giorni aiutato da ben quattro «serventi», nel 1648 da Zorzi Graffo e negli anni 1644, 1649 e 1652 da organari anonimi. Al 1694 risale il restauro di un altro artigiano anonimo e nella stessa occasione il marangone Francesco Ermacora ricostruisce i mantici; l’organaro Bortolo Planis interviene nel 1709, aiutato da tale Pietro Odorigo che viene pagato «per haver lastricato il piombo».
Un importante restauro avvenne nel 1719, quando Antonio Giaschi compie diversi lavori, compresa la ricostruzione di numerose canne:
Difetti che si ritrovano nell’organo della veneranda chiesa maggior di Fagagna sono questi qui sottoscritti:
cane che non suonano n. 35
cane che mancano n. 3
cane strapazzate da sorzi e notole, e che si devono rifare n. 50
mantici, tastatura e registri rotti
pedaliera rovinata
e per accomodare il tutto con mie spese di fil ferro, pelle, piombi, stagno, colla, etc. ducati n. 45.
Antonio Giaschi mastro di organi
Nel 1761 è il carnico Angelo Morassi a proporre una lunga serie di interventi, per tentare di riportare alla funzionalità uno strumento che appare usurato:
Nota di tutti li cappi necesari per ridure l’organo a perfecione di fare nella veneranda parrochiale di Fagagna
Fagagna 19 ottobre 1761
segue li cappi
Primo tirar zoso tutte le canne dell’organo e poi netarle una per una
2 provarle con la bocca e intonarle una per una, e se si trova qualche cana imperfetta farle da novo
3 provar tutte le buche del sumiere con un subioto se à il suo vento giusto
4 tutte le fazade cioè le cane di stagno dar il lustro e drezarle dove è fianchinata
5 di giustare le ventilabri del sumiere e stropar dove spande il vento
6 di comodare, e quasi fatti da novo, tutti li condoti delle canne grosse di piombo di drio acciò abia il suo giusto vento
7 di comodare tutti 3 li folli che spandino il vento in tanti luoghi che non hano nianca la metà di vento l’organo
8 di stropare il vento del condoto sotto li folli e il condotto che porta il vento sotto il sumiere, e l’altro condotto che porta dentro del sumiere
9 comedar tutta la tastatura e far diversi tasti da novo, e cadenarla più alta acciò abia più vento l’organo
10 far da novo la pedaliera, e farla alla moderna
11 fare n. 8 contrabassi di tolle il primo sarà di longheza quarte 21 circa il secondo di 19 e così li altri sempre più picoli
12 il sumiere per li detti contrabassi e condoto del vento
13 far le caenaciatura de sopra detti contrabassi e per quelli di piombo
14 cordare tutto l’organo cioè tutte le canne
15 far il Tamburo cioè il registro
16 di fregare e lustrare le fazade cioè le casse e datto una fregadina con oglio alle piture per ridurla più lucida
Finalmente tutti li soprascriti capi intendo di far con li miei materiali tanto le cane nove che altro, e mie cibarie eccetuato la pelle che andarà a giustar li folli e condoti averano da pagarle fuora del contrato stante non si trova in Cargna di dette pelle, così che per mia merzede giuste in ducati n. 70 doppo terminato me darano circha la metà e il resto si farà in paga tanto promette, e far l’operazione che sia giusta e perfetta.
Angelo Morassi q.m Giovanni Maria di Cercivento di Sotto organaro
Agiungendo di mantenire detta mia operazione in termine d’un anno eccetuato la cordatura. La paga poi mi sarà data la metà terminata che sarà l’opera che importa detta metà ducati 35 dico trentacinque l’altra in due paghe cioè dentro del mese di aprile che importa ducati 17 1/2 e l’altra poi terminato lavoro tanto prometo come sopra novamente me sottoscrivo Angelo Morasso organaro.
Trascorsi oltre due secoli dalla sua costruzione, l’organo dell’Arnoldo risultava ormai irrecuperabile e la comunità fagagnese, nel consiglio dell’8 giugno 1781, prende la decisione di costruire un nuovo strumento. Giuseppe Bortolotti è nominato fabbricario dell’organo: il suo compito era quello di raccogliere dalle fraterne del paese e da altri benefattori le elemosine necessarie a raggiungere la cifra preventivata di 700 ducati. Lo strumento è compiuto nel 1788 dal friulano Francesco Comelli, che con l’organo di Fagagna firma la sua prima opera da artigiano indipendente, dopo aver lavorato per alcuni anni a Venezia in società con Francesco Antonio Dacci. La tavoletta posta sopra la tastiera porta la seguente iscrizione: «OPUS FRANCISCI COMELLI A. D. MDCCLXXXVIII.». Sul fondo della secreta si trova un’altra iscrizione, che aggiunge altri particolari sulla paternità dell’organo: «Francisci Ant° Comelli Utinensis Opus primum studio, ac labore proprio costructum Domino Josepho Bortolotti procuratore Anno salutis MDCCLXXXVIII.».
Nel 1823 viene nominato il primo cappellano organista-corista: si tratta di don Vincenzo Minisini, che svolgeva anche le mansioni di maestro elementare. Nativo di Mels, muore a Fagagna il 13 ottobre 1829 all’età di 54 anni; in seguito troviamo gli organisti Giuseppe Visintini di Udine (nel 1830) e don Pietro Antonio Picotti (tra il 1832 e il 1840). Quest’ultimo sacerdote, nato a Ovasta nel settembre 1802, lascia alla chiesa di S. Giacomo alcuni beni per l’istituzione di una mansioneria.
Nella seconda metà dell’Ottocento la riforma ceciliana trova in Friuli validi sostenitori, e tra questi l’organista di Fagagna don Francesco Venturini; l’organo Comelli, strutturato secondo i canoni della scuola settecentesca veneta, presentava evidenti limiti fonici e appariva ormai superato. Nell’ambito di alcuni lavori di ristrutturazione effettuati nella pieve, la ditta Bernasconi di Varese presenta nell’agosto 1877 un progetto «per un nuovo organo da collocarsi nella chiesa arcipretale di Fagagna»: il nuovo strumento avrebbe avuto un manuale cromatico di 58 tasti (Do1-La5), ventisei registri, il somiere a vento e sarebbe costato 5.450 lire. Riguardo all’organo Comelli, il rappresentante della ditta lombarda (il ragioniere Luigi De Agostini di Tricesimo) affermava che non era restaurabile e «solo si potrà acquistarlo al valore del metallo ch’esso contiene per fondersi». Il progetto non ha avuto seguito e il ‘vecchio’ organo è sopravissuto fino ai nostri giorni, quale splendido esempio di artigianato barocco friulano.
Dopo la prima guerra mondiale il genio civile di Udine compie un restauro della pieve e in questa fase lo strumento viene revisionato dall’organaro Achille Bianchi. L’ultimo ripristino è stato realizzato dalla Ditta Cav. Giuseppe Zanin e Figlio Franz di Camino al Tagliamento e l’inaugurazione è avvenuta il 23 giugno 1979 con un concerto dell’organista Lino Falilone.
- Organo costruito da Francesco Comelli nel 1788, op. 1. Collocato in cantoria sopra la porta d’ingresso e chiuso in cassa.
- Prospetto: di 25 canne di stagno del Principale dal Do1, con labbro superiore a scudo, disposte a cuspide con ali ascendenti, con alla base le canne dei tromboncini a forma di piramide rovesciata, tappati alla sommità e con foro nella parte superiore della facciata.
- Tastiera: unica tastiera originale di 47 tasti (Do1-Re5), con prima ottava corta. I tasti diatonici sono rivestiti di avorio, i cromatici di ebano con intarsi in avorio, i frontalini sono a chiocciola.
- Pedaliera: a leggio composta da 18 pedali corti (Do1-La2) in legno di noce, collegati alla tastiera; ambito reale Do1-Si1.
- Registri: i comandi sono disposti su due colonne a destra della tastiera. Le denominazioni dei registri sono recenti e stampate su cartellini.
Principale Bassi (8′) | Voce Umana |
Principale Soprani | Flauto in VIII Bas. |
Ottava | Flauto in VIII Sop. |
Quinta Decima | Flauto in XII |
Decima Nona | Cornetta |
Vigesima Seconda | Tromboncini Bassi |
Vigesima Sesta | Tromboncini Sopr. |
Vigesima Nona | Tromboni (al Pedale 8′) |
Trigesima Terza | Timpani |
Trigesima Sesta | |
Contrabbassi (16′) | |
Ottava di C. | |
Duo Decima di C. |
Divisione Bassi/Soprani Do#3-Re3.
- Accessori: Ripieno a manovella; Timpani azionati dal La2 della pedaliera.
- Mantice: due mantici a cuneo azionabili manualmente.
- Trasmissione: a meccanica sospesa.
Fagagna: chiesa comparrocchiale di S. Giacomo apostolo
Dopo due secoli d’impiego l’organetto di S. Giacomo giaceva ormai inutilizzato «per essere del tutto disonante dal necessario concerto nelle sue voci, senza speranza di poterlo restaurare». Il 14 giugno 1789 la confraternita del Rosario riunì il suo consiglio per discutere sul da farsi: da pochi mesi Francesco Comelli aveva collocato nella pieve il suo nuovo organo, con grande soddisfazione dei fagagnesi, e la fraterna decise la costruzione di un organo simile per la chiesa di S. Giacomo, affidando l’opera allo stesso artigiano friulano. Giuseppe Bortolotti fu nuovamente nominato fabbricario dell’organo ed iniziò la raccolta degli 800 ducati preventivati. Negli anni seguenti i lavori procedono a rilento: nel 1796 era «principiata la facitura dell’orchestra» (cioè della cantoria), ma non era ancora stato firmato il contratto con l’organaro. Nell’agosto 1799 accadono i gravi fatti che causano la rovina economica ed artistica del Comelli: arrestato dalla polizia austriaca a causa delle sue simpatie verso il passato regime francese, viene rinchiuso per due anni in carcere. Uscito di prigione cerca in tutti i modi di racimolare denaro e ordinazioni; il 2 agosto 1802 finalmente firma il contratto per l’organo di S. Giacomo, ottenendo un anticipo di 2.000 lire venete. Era però destino che questo strumento non venisse completato: nel dicembre 1823 Francesco Comelli muore e gli eredi trovano nella sua bottega ancora diversi oggetti «approntati dal defunto per la costruzione dell’organo di Fagagna». La fraterna del Rosario era stata soppressa nel 1807 ed a essa era subentrata la fabbriceria, che viene convocata dal tribunale di Udine per sentire qual’era l’interesse verso questi arnesi; in data 3 giugno 1826 il procuratore della fabbriceria di Fagagna dichiara che «gran parte dei medesimi sono soggetti in parte a deperimento e che perciò trova conveniente che siano venduti al pubblico incanto».
La chiesa di S. Giacomo fu lasciata in progressivo stato di abbandono fino al 1842, quando venne chiusa al culto; i lavori di riedificazione e ampliamento durarono una decina d’anni e tra i nuovi arredi trovò posto anche un organo, acquistato dall’organaro carnico Pietro De Corte. I pochi documenti che parlano di questo strumento sono alcune lettere scritte da sacerdoti di Fagagna e Cividale: dalla lettura di questo scambio epistolare sembra di capire che l’organo era di seconda mano. Il parroco di Fagagna scrive infatti al maestro di cappella di Cividale che l’acquisto dell’organo era conveniente, data «l’opportunità di avere un organo già compito che lo possiede l’organaro signor De Corte». L’affare era stato sancito il 29 marzo 1845 con un contratto privato e a questo era seguito un successivo progetto di accrescimento, nel quale il De Corte s’impegnava ad ampliare lo strumento, che evidentemente in origine aveva dimensioni ridotte. Nell’estate 1846 l’organista di Fagagna don Francesco Venturini scrive all’amico don Jacopo Tomadini che «l’organo nostro va benissimo», ma la prova definitiva viene effettuata solamente il 2 settembre 1847 dai maestri Giovanni Battista Candotti e Francesco Comencini:
In seguito all’invito di codesta fabbriceria dei 29 agosto p.p. n. 45 siamo stati ieri sopra luogo nella nuova chiesa di Fagagna ad esaminare il nuovo organo ivi testé collocato dell’artefice sig. Pietro de Corte. Letto prima il privato contratto 29 marzo 1845 e successivo progetto di accrescimento, ed esaminato quindi in ogni sua parte il lavoro assunto dall’artefice suddetto, abbiamo trovato di poter dichiarare che sono adempite in esso esattamente tutte le condizioni volute del contratto primitivo e dal foglio addizionale, sì quanto alla scelta qualità dei materiali che quanto all’esattezza del lavoro e all’intonazione e accordatura: dal che ne risulta un istromento che può stare a confronto dell’altro esistente nell’antica chiesa parrocchiale pel numero e qualità di registri, col riflessibile vantaggio nel nuovo di avere, oltre a tre tasti di più negli acuti, un’aggiunta di quattro tasti nei bassi forniti delle relative canne in ogni registro, d’onde lo strumento acquista una regolare e completa progressione di bassi. Di più abbiamo trovato la pedaliera come fu prescritto nel foglio addizionale composta di pedali ventuno, a scala regolare, tutti muniti di contrabassi, ottava, quintedecime e tromboni, per la qual serie prevale questo strumento all’altro per una maggior pienezza di sonorità in ogni tono. Riferiamo quindi a codesta fabbriceria che l’organo è pienamente collaudabile, di che siamo pronti ad estendere legale certificato ad ogni richiesta.
Al novembre 1848 risale un consistente pagamento a Giacomo Fabrizio in saldo «di suo contratto per l’orchestra, porte, bussola maggiore, ecc.». Nel 1851 l’organo risulta «un po’ in disordine» e l’organista Venturini chiede a Tomadini d’invitare l’artefice De Corte a venire a Fagagna per sistemare lo strumento; ancora nel 1854 si deve intervenire sui mantici e nel l’accordatura «che vuole essere alzata di mezza voce ove dovesse farsi musica cogli istromenti». La notizia di un altro restauro risale al 1881, quando si paga con 260 lire l’organaro Beniamino Zanin per i lavori svolti.
Francesco Venturini fu uno degli esponenti più attivi della riforma ceciliana in Friuli: nato a Gemona il 2 luglio 1823, giunse a Fagagna nel 1845 e qui fu cappellano organista per oltre cinquant’anni; il suo nome compare nei collaudi di alcuni importanti organi, come quelli di Mels, Nogaredo di Prato e S. Giacomo a Udine. Sul finire del secolo un suo desiderio era sicuramente quello di poter avere a Fagagna un organo moderno, concepito secondo i dettami del nuovo movimento musicale. Don Venturini morì il 25 aprile 1902, poco prima di veder realizzati i suoi progetti: per i fagagnesi l’occasione di acquistare un nuovo organo si presentò con l’Esposizione regionale, tenutasi a Udine nell’estate del 1903. La mostra proponeva i migliori prodotti delle capacità artigianali dell’epoca e una sezione era dedicata agli strumenti musicali. Beniamino Zanin esponeva un suo organo a due manuali, sistemato in una cappella gentilizia nei pressi dell’ingresso alla mostra. Lo strumento fu utilizzato per una decina di concerti e al termine della mostra risultò premiato con la massima onorificenza. La stampa locale elogiò la nuova opera di Beniamino; un lungo articolo descrive nei dettagli l’organo e fornisce, tra l’altro, la numerazione d’opera: «Quest’organo porta il numero 43, e l’aver raggiunto questa bella cifra […] è già un buon attestato della valentia non comune del bravo Zanin.». Il 12 gennaio 1904 viene siglato un accordo tra il possidente-benefattore Giorgio Pico (1840-1914) e la fabbriceria di Fagagna, dove quest’ultima «assentendo all’acquisto di un nuovo organo liturgico della Ditta sig. Beniamino Zanini di Camino di Codroipo, si assume di pagare una volta tanto la somma di lire 1.500», mentre il Pico «quale promotore del suddetto acquisto accetta puramente e semplicemente la proposta e l’impegno della fabbriceria». Finalmente domenica 23 ottobre 1904 l’organo Zanin viene solennemente inaugurato e collaudato da ben cinque musicisti: Oreste Ravanello (maestro di cappella nella basilica di S. Antonio a Padova e insegnante d’organo al Liceo Musicale di Venezia), Giovanni Battista Cossetti (organista a Tolmezzo), Vittorio Franz (organista in S. Giacomo a Udine), mons. Giuseppe Tessitori (canonico e organista di Cividale) e don Ivan Trinko (musicologo e compositore). Altre notizie si ricavano da un resoconto giornalistico, apparso pochi giorni dopo l’inaugurazione:
L’organo è collocato al posto ove si trovava il vecchio e cioè sopra la porta d’ingresso della navata centrale. […] La cassa e l’orchestra sono state costruite ed ornate con fine gusto dall’intagliatore e falegname nostro compaesano sig. Fabrizio Silvio.
Quanto all’organo di Pietro De Corte, non ne conosciamo il destino; possiamo solamente segnalare un annuncio apparso sul quotidiano cattolico Il Crociato nei giorni 18, 19 e 21 settembre 1903 (proprio quando era in corso l’Esposizione regionale), nella speranza che la notizia torniutile per future ricerche:
Occasione favorevole. In un paese di questa provincia è messo in vendita a prezzo conveniente un ORGANO in buon stato, del 1850, fabbricatore De Corte, con N. 21 registri, tastiera e pedaliera cromatiche. Per schiarimenti rivolgersi alla Redazione del giornale Il Crociato.
Dopo i danni patiti a causa del sisma del 1976 l’organo di S. Giacomo è stato restaurato dalla Ditta Cav. Giuseppe Zanin e Figlio Franz di Camino al Tagliamento; i lavori si sono conclusi due anni fa e lo strumento è stato inaugurato il 28 ottobre 2005 con un concerto di Edoardo Bellotti.
- Organo costruito da Beniamino Zanin nel 1903, op. 43. Collocato in cantoria sopra la porta d’ingresso e chiuso in cassa.
- Prospetto: di 33 canne di stagno tigrato del Principale dal Re#1, con labbro superiore a mitria e baffi, disposte in tre campate (11+11+11) a cuspide.
- Tastiera: due tastiere cromatiche di 58 tasti (Do1-La5). I tasti diatonici sono rivestiti di osso, i cromatici di ebano.
- Pedaliera: orizzontale cromatica composta da 30 pedali (Do1-Fa3).
- Registri: i tiranti a pomello sono disposti su ‘terrazze’ a destra e a sinistra dei manuali.
II manuale | I manuale | ||||
Ripieno 3 file | Ottava 4p. | Principale 8p. | Bordone 16p. | Dulciana 8p. | Flauto 4p. |
Voce celeste 8p. | Fugara 4p. | Viola 8p. | Principale 8p. | Ottava 4p. | Quintadecima 2p. |
Eufonio 8p. | Tromba 8p. | Ripieno 5 file |
Pedaliera | |||||
Subbasso 16p. | Ottava 8p. | Contrabbasso 16p. |
- Accessori: dieci pedaletti metallici per Tremolo, Unione Pedale-II, Unione Pedale-I, Ripieno II, Registri di fondo II, Ance, Registri di fondo I, Ripieno I, Unione I-II, Espressione; tendina copritastiere.
- Mantice: unico a lanterna collocato entro cassa.
- Trasmissione: meccanica.
Ciconicco: chiesa parrocchiale dei SS. Cosma e Damiano martiri
L’organo di Ciconicco riveste un ruolo importante per la storia dell’arte organaria friulana, in quanto primo strumento costruito da Valentino Zanin, capostipite della secolare dinastia di organari ancor oggi in attività. In mancanza di un contratto o di un’iscrizione, non possiamo che rifarci a quanto scrive don Domenico Ciani nel luglio 1887:
Nell’interno della facciata maggiore della chiesa è posto nell’autunno 1834 sopra un’abbastanza elegante orchestra l’organo. Quest’organo è il primo fabbricato dal bravo e ora defunto artista Zanini Valentino di Camin di Codroipo, il quale poi ne ha fabbricati degli altri posti in varie chiese dell’arcidiocesi e si ha meritato l’elogio universale pel suo distinto naturale ingegno, senza aver avuto bisogno d’imparare l’arte da alcuno.
La testimonianza è senza dubbio attendibile, da to che don Domenico Ciani, nato a Ciconicco il 14 febbraio 1808, era chierico nel 1828, cappellano del paese dal 1832 e vicario curato dal marzo 1846. Lo stesso sacerdote nella citata relazione ricorda che nell’anno 1831 «venne di nuovo ristaurata, abbellita ed eretta la facciata della chiesa che guarda a ponente», cioè la facciata dove si trova l’organo.
Problematica rimane la datazione dello strumento, che per tradizione è stata più volte riproposta (1827); sulla base delle carte finora emerse dagli archivi, infatti, tale data non trova riscontri. Rimane la possibilità che l’organo sia giunto nella località collinare alcuni anni dopo essere rimasto in un luogo diverso (in un’altra chiesa o forse in bottega, in attesa di essere venduto). Diversi documenti conservati nell’archivio parrocchiale di Ciconicco sembrano con fermare che la ‘macchina sonora’ entrò qui in funzione non prima del 1834: il primo pagamento in favore di un organista risale al 19 luglio 1836, quando Vincenzo Montegnani dichiara di ricevere lire 51,11 «in causa gratificazione dovutami in qualità di organista». Valentino Zanin viene saldato nel maggio 1838 con lire austriache 60,75 per lavori ai mantici e accordatura; lo stesso organaro nel 1839, 1847 e 1851 interviene nuovamente sui mantici, che evidentemente erano difettosi, ed ancora nel 1845 e 1876 per semplici operazioni di pulizia e accordatura. Com’è noto Valentino Zanin si dedicava anche alla fabbricazione di «candellieri e lampade in ottone fuso» e pure nella parrocchiale di Ciconicco ha lasciato traccia di questa sua attività: il 27 agosto 1835, infatti, viene risarcito con lire 21,80 per «aver rimessi n. 20 pezzi di fogliami di ferro dorati quali mancavano alli brazzali delle lampade che servono d’illuminazione al SS. Sacramento posti nel presbiterio» e per aver ripulito il restante fogliame.
Un altro intervento sull’organo di Ciconicco viene effettuato nel 1864 da Giovanni Gaetano Tolfo, il quale elenca in dettaglio i lavori eseguiti:
1. Levate tutte le canne interne ed esterne, pulite tutte ad una ad una dentro e fuori, intuonate, indi rimesse ai loro nicchi.
2. Puliti li due somieri, internamente ed esternamente, ne’ suoi ventilabri, tiranti, ecc., nonché levati diversi strassuoni.
3. Pulite la pedaliera e la tastatura, regolati alcuni giuochi nell’una e nell’altra, come pure pulito il cassone.
4. Levati li mantici, pulite in tutte le loro parti e connessioni, riparati con pelle ove spandevano il fiato, rimessi, ecc.
Per ultimo intuonata ed accordata tutta la massa dell’organo con la maggior esatezza.
Per tutte queste operazioni in compenso, oltre l’alloggio e vito, vi vogliono la somma ristretta di austriache 72.
Rimangono i nomi di altri artigiani impegnati nei lavori di falegnameria: il marangone gemonese Pietro Fantoni nell’agosto 1836 scrive al fabbriciere di Ciconicco che «li capitelli dell’orchestra sono quasi compiti». Lo stesso artigiano viene pagato nel 1839 per aver dipinto internamente ed esternamente cantoria e cassone, e nel 1840 per aver indorato gli ornamenti d’intaglio.
Le decorazioni della cantoria e della cassa dell’organo sono del falegname Antonio Sabbidossi, che il 22 agosto 1839 rilascia la seguente ricevuta:
Per aver eseguiti gl’intagli che servono d’ornato al cassone e parapetto dell’orchestra e posti in opera
n. 4 festoni alli due specchi laterali del parapetto giornate di lavoro n. 12 austriache lire 48
n. 1 gruppo allusivo di musica allo specchio di mezzo del parapetto giornate 5 lire 20
n. 6 pendenti ai pillastrini giornate n. 7 lire 28
n. 1 cimiera giornate n. 13 lire 52
n. 2 vasi con rame di fiori d’indorarsi giornate n. 3 lire 14
n. 1 rosone d’indorarsi lire 8
n. 2 brocconi per aggiunta al rosone lire 8
n. 2 pendenti all’imboccatura del cassone lire 10
n. 1 serraglio all’arco lire 6
legname per detti intagli di tiglio lire 14
per porre in opera detti intagli lire 12
Tra le maestranze s’incontra anche il falegname Carlo Ciani di Ciconicco, che nel 1839 pone sulla cantoria cinque «letorini» (leggii) e due basamenti «per li vasi posti sopra il cassone»; il medesimo nel 1840 fa un «telaro servì per piturare la tendina del organo» e costruisce una coperta in tela «alli pedali del sudetto organo».
Vincenzo Montegnani, conosciuto anche come accordatore e riparatore di organi, rimane organista a Ciconicco fino al 1840, allorché viene sostituito da Francesco Fimbingher (Spilimbergo, 1819-1887) maestro di scuola elementare a Fagagna, che nel 1843 ritorna al suo paese natale; in seguito a Ciconicco troviamo gli organisti Luigi Montico (Udine, 1798-1870) figlio di Pietro riparatore di strumenti a tastiera, Felice Gri dal 1846 al ’48, Pietro Franceschinis di Udine dal 1852 al ’55, Giuseppe Zoratti nel 1855, don Celestino Mattiussi nel 1864, Pietro Tioni nel periodo 1865-66, Domenico Brisighelli di Udine dal 1871 al ’73 e Carlo Toso di Codroipo dal 1875 fino al termine del XIX secolo, con un intervallo negli anni 1888-93 quando presta servizio Igino Colussi di Martignacco.
Nel 1938 la ditta Malvestio di Padova presenta un progetto «per la ricostruzione dell’organo», che prevedeva un nuovo sistema pneumatico tubolare e una moderna consolle, con ampliamento della tastiera e della pedaliera. I paesani devono però attendere fino al 1961 per vedere realizzato il loro desiderio di avere un organo al passo con le moderne esigenze musicali: in quell’epoca l’organaro Giuseppe Zanin e il figlio Franz eseguono le ‘auspicate’ modifiche allo strumento. Al termine dei lavori l’organo presentava trasmissione elettrica, cassa espressiva, un manuale di 61 note e pedaliera concava radiale di 32 pedali. La disposizione fonica era la seguente: Principale 8′, Ottava 4′, Decimaquinta 2′, Decimanona, Vigesimaseconda, Ripieno 2 file, Flauto in XII, Voce umana, Bordone 8′, Viola 8′, Voce celeste, Flauto 4′, Contrabbassi 16′, Basso 8′. Così trasformato, lo strumento viene inaugurato il 27 agosto 1961 alla presenza di mons. Ermenegildo Florit arcivescovo di Firenze.
La stessa ditta Zanin di Camino al Tagliamento nel 1989 ha riportato lo strumento alla sua fisionomia originaria; l’organo è stato inaugurato il 23 giugno 1990 con un concerto di Edoardo Bellotti.
Per diversi decenni l’organo di Ciconicco è stato suonato da Pierino Passerini (classe 1921, allievo di Giovanni Pigani); ora l’organista è Gabriele Saro, diplomato in violino al Conservatorio di Udine.
- Organo costruito da Valentino Zanin nel secondo quarto del XIX sec. (1834?) op. 1. Collocato in cantoria sopra la porta d’ingresso e chiuso in cassa.
- Prospetto: di 27 canne di stagno del Principale dal Do2, con labbro superiore a scudo, disposte a cuspide con ali discendenti, con alla base le canne dei tromboncini a forma di piramide rovesciata con campana alla sommmità.
- Tastiera: unica tastiera non originale di 50 tasti (Do1, Fa5), con prima ottava corta. I tasti diatonici sono rivestiti di bosso, i cromatici di ebano, i frontalini sono a chiocciola.
- Pedaliera: non originale a leggio composta da 18 pedali corti (Do1, La2) in legno di noce, collegati alla tastiera; ambito reale Do1-Si1.
- Registri: i comandi sono disposti su due colonne a destra della tastiera. Le denominazioni dei registri sono recenti e stampate su cartellini.
Voce Umana | Principale B. (8′) |
Flauto Reale* | Principale S. |
Flauto in XII | Ottava |
Cornetta* | Quintadecima |
Tromboncini B.* | Decimanona |
Tromboncini S.* | Vigesimaseconda |
Vigesima Sesta | |
Vigesima Nona | |
Contrabbasso | |
* registri ricostruiti da Franz Zanin nel 1989 |
Divisione Bassi/Soprani Do#3-Re3.
- Accessori: Ripieno a manovella; Tamburo azionato dal La2 della pedaliera.
- Mantice: due mantici non originali a cuneo azionabili manualmente.
- Trasmissione: a meccanica sospesa.
Madrisio: chiesa parrocchiale di S. Andrea apostolo
Nel giugno 1751 il maestro organaro don Pietro Nachini «stanco dalla molteplicità dell’oppere» che aveva fino ad allora portate a compimento (oltre 160 strumenti) delegava l’allievo Francesco Dacci a dirigere la bottega situata in Barbaria delle Tole a Venezia. Da allora i due artisti firmano assieme i loro lavori, anche se in verità Nachini continua a seguire le sorti del laboratorio fino all’autunno 1763, quando si ritira a Conegliano.
L’organo di Madrisio proviene dalla pieve di Tricesimo, dove è rimasto in funzione per quasi due secoli. Sulla tavoletta posta sopra la tastiera si trova un cartellino a stampa con la seguente scritta, copia di un’iscrizione che probabilmente si trovava sul listello originale: «OPUS CENTESIMUM SEPTUAGESIMUM QUARTUM DNI PETRI NANCHINI ET FRANCISI DACII COADJUTORIS SUI, PROCURATORE EXCELENTISSIMO DOMINO ANTONIO Qm VALENTINO PILOSIO. TRICESIMI KALENDAS IXBRIS MDCCLII.». Secondo questa iscrizione l’organo è stato montato a Tricesimo nel mese di novembre 1752, sotto le cure del commerciante di ferramenta e legname Antonio Pilosio. Dopo i lavori di modifica della parrocchiale (completati nel 1784) l’organo viene sistemato nel presbiterio entro una nicchia con cantoria ancor oggi esistente.